Un libro prezioso tra le mani

27 aprile 2013. Isabella Pedicini incontra gli studenti del Liceo Scientifico di Foglianise, in provincia di Benevento. Si parla dei fiori blu di Queneau e, come sempre, del piacere della lettura. 

fioribluA scuola sono sempre arrivata in ritardo. Sempre. Corse disperate su per le scale, rimproveri dalla preside e atterraggi convulsi sul mio banco mentre, tutto intorno, i libri altrui erano già da un pezzo spocchiosamente aperti sulla lezione del giorno. Questa volta però no. Ho qualche anno in più – per quanto all’occhio del diciassettenne appaia inesorabilmente come una vecchia bacucca – un trench, un innamoramento per il progetto dei Piccoli maestri e un libro prezioso tra le mani: I fiori blu di Raymond Queneau.

Stavolta non mi precipito a rotta di collo per i corridoi e mi scopro addirittura in anticipo.
È Anna Lisa ad accompagnarmi e con lei, varcata la porta del liceo, parte inevitabilmente un amarcord sui pomeriggi al tempo dello zaino Invicta. Raccontare I fiori blu ai ragazzi vuol dire addentrarsi in un classico che subito, per sua stessa natura, si dimostra un anticlassico: la trama, nel continuo alternarsi delle vicende dei due protagonisti, Il Duca D’Auge e Cidrolin, lontani nel tempo e nello spazio, non segue un andamento narrativo tradizionale. Allo stesso modo la scrittura, strabordante di brillanti giochi di parole, calemboeurs esilaranti e invenzioni linguistiche, disorienta, entusiasma e affascina. Lo sanno bene i ragazzi: “Non è un libro come quelli che leggiamo in classe!”. Continua a leggere

Città (In)visibili

pedrocanocittainvisibiliNel mese di maggio, Melania Petriello ha incontrato gli studenti dell’istituto alberghiero Le streghe di Benevento. Insieme hanno parlato di Calvino e, come sempre, si sono lasciati andare al piacere della lettura. Ringraziamo Melania per averci regalato il racconto di questa giornata.

Più che al cuore, l’essenziale è visibile a chi crede nelle favole. Quelle così reali da essere il filtro giusto per interpretare linee interrotte e memorie costruibili. Capita così con Italo Calvino. Le città Invisibili sospendono il tempo delle accelerazioni e inchiodano i ragazzi al conto amaro della forza immaginifica. Ho chiesto loro di procedere in punta di piedi nel “poema d’amore”in cui è d’obbligo perdersi. Per poi ritrovarsi nel terreno del possibile, almeno del verosimile. Nelle scuole, Calvino entra solo di sguincio. Merita tempo, perché tempo chiede il suo procedere oltre il Novecento, strizzare l’occhio al mondo fiabesco del sempre, tendere la mano alla prospettiva.

I “miei” ragazzi, “miei” grazie al potere gravitazionale de Le città Invisibili, ci hanno regalato il miracolo dello stupore. Hanno avuto voglia di lasciarsi condurre, di scoprire quanto labile sia il confine tra esistente e immaginabile, di come incredibile possa rivelarsi la metafora del potere e il dramma della bellezza perfetta. Hanno scelto, perché l’attenzione si sceglie, di mettersi in proiezione, di scoprire la penna di un Calvino sconosciuto, di concedere alle mie parole il privilegio della cura. E hanno raggiunto vette inaspettate. Continua a leggere

Sentirsi a casa in ogni luogo

Nel mese di maggio i Piccoli Maestri hanno affiancato l’Associazione Playtown Roma e sono andati nelle scuole a raccontare i libri finalisti delle Scelte di Classe. Ringraziando ancora la Tribù dei Lettori per averci proposto questa preziosa collaborazione, pubblichiamo periodicamente i report degli incontri con i ragazzi.

fotogyrosSette libri e due incontri. Sette storie e due scuole di Roma. Un unico comun denominatore: i bambini. Detta così sembra facile. E “facile” è la parola che mi sono ripetuto più spesso, per tranquillizzarmi, per dirmi che alla fine sono storie e sono bambini. Mi sono detto queste cose, perché io, i bambini, li conosco poco. Conosco gli adulti, certi adulti. Alcune persone di una Roma particolare, una Roma che chiamano invisibile. Ecco: io vedo l’invisibile, ma non quell’invisibile del Piccolo Principe. No!
È la Roma dei marciapiedi, delle baracche, dei centri d’accoglienza. La Roma dei senza dimora, dove un libro diventa il privilegio di chi può permetterselo. Dove le storie di vita, acide e ferite, sono le uniche storie che ci si racconta.

Ecco perché sono emozionato: perché affronto un viaggio nuovo, su un pianeta sconosciuto. Un pianeta che mi sembra bellissimo e fragile: ed io sono pieno di spigoli, gli spigoli della miseria. Così ripasso le storie che i bambini dovranno votare. Le leggo e le rileggo studiando la topografia dell’innocenza. Mi perdo nei colori delle tavole, cavalco il vento delle illustrazioni e vado. Quando arrivo percepisco in entrambi i momenti la stessa sensazione: di essere a casa. Con i bambini sei sempre a casa. Le tensioni si sciolgono, loro ti prendono per mano e ti accompagnano dove è necessario andare. Parliamo di ogni libro con la seria leggerezza che impone l’arte del racconto. E ogni storia si annoda con la loro quotidianità. Continua a leggere

L’epos non è morto

Pubblichiamo una riflessione di Roberto Carvelli che giovedì 23 maggio ha letto Il Piccolo Principe in compagnia dei ragazzi dell’Istituto Comprensivo Via Padre Semeria di Roma.

petitrobLa mia prima “piccola maestria” ha avuto la magia dell’incanto. Ad essere sinceri non pensavo potesse essere così piacevole andare a parlare del Piccolo Principe in una scuola media. A pensarci, il giorno prima mi immaginavo ragazzi che m’interrompevano, facce annoiate, distrazioni varie. E invece i libri e il racconto dei libri hanno poteri incantatori inimmaginabili. Ripenso a quella parola che scrivevamo in un quadratino prima di google calendar: epica. Ecco, penso, l’epos non è morto. Tutti sono pronti a ricevere una storia. Una specie di informazione di base, di pratica innata, di predisposizione naturale. Credo che il senso dei Piccoli Maestri sia questo. Testimoniare che la pratica del racconto (del racconto del racconto) non è morta. Tutt’altro. Magari si è imbastardita, ha perso il riferimento originale alle pagine e a noi il compito di ricollocarla, riallinearla a quelle. Noi iniziamo, altri continueranno. Ci capiterà di farlo forse con libri che non amiamo. Forse succederà  non amati da chi ci ascolta. Eppure la funzione di base, la sfida a questa testimonianza del potere del racconto non deve morire. Continua a leggere

Piccoli lettori alla Tribù dei lettori

bimbi_libriNel mese di maggio i Piccoli Maestri hanno affiancato l’Associazione Playtown Roma e sono andati nelle scuole a raccontare i libri finalisti delle Scelte di Classe. In attesa di conoscere i vincitori durante la Tribù dei Lettori, ecco i nostri resoconti degli incontri.

Piccoli davvero se hanno quattro o cinque anni e sono seduti in cerchio come gli indiani e mi guardano con degli occhioni così. È tutto verde qui intorno, Riano è poco lontano da Roma ma è già campagna. I libri di Scelte di Classe li metto in mostra, come allestendo una piccola mostra estemporanea, perché sono belli e colorati. Chiedo loro se li hanno, toccati, guardati, annusati oltre che letti. Di cosa odorano i libri? Ci mettono dentro il naso, sanno di fragola, albicocca e ciliegia dicono. Buoni come la frutta di primavera. Colorati.

Un fremito di inquietudine…”uno ha la pagina strappata” come una ferita. Toccare sì, ma con cura. Sfogliando le pagine scaturiscono emozioni, desideri, paure e tante risate.
Poi seri danno un giudizio, senza mostrare dubbi. Sarebbe bello rincontrarli tra qualche anno e sapere se pensano ancora che i libri sono come la frutta di primavera, come le ciliegie che quando cominci a mangiarle, dopo non smetti più.

Chiara Mezzalama

Baciare un’arancia

foto (3)Se le strade della lettura fossero tutte spianate i Piccoli Maestri sarebbero una cosa bella ma non necessaria. Considero incoraggiante, quindi, che il mio esordio con i Piccoli Maestri sia stato in salita. Una sudata, letteralmente.

Ho portato L’Isola di Arturo, di Elsa Morante, in una terza media di Roma. Due alunni bisognosi di conferme hanno cercato di farsi belli di fronte ai compagni con i mezzi dell’esibizionismo e dell’impertinenza e il clima in classe ne è risultato compromesso, nonostante gli sforzi dell’insegnate a cui non ho nulla da rimproverare.

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Questo libro è pieno d’acqua. C’è l’oceano, qui dentro

Pubblichiamo una riflessione di Roberto Parpaglioni, che ringraziamo ancora una volta per l’impegno e la passione con cui si sta dedicando a questo progetto.

In due mesi e mezzo ho letto cinque volte Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway. Direi quasi una moda. L’esito delle prime due lo ricordo eccellente. La terza e la quarta, invece, erano già state delle repliche, più o meno come per un attore di teatro. Nel ritmo, nei toni. Nella ricerca dell’effetto. Ormai sapevo alla perfezione quando dover spingere, quando sussurrare, o sospendere. La reazione di chi ascoltava era sempre la stessa.

hemingseamagFinché alla quinta, per puro caso, ho variato l’inizio. Una professoressa mi aveva portato una bottiglia d’acqua, e io, mentre riempivo il bicchiere, ho chiesto: «Cosa accadrebbe ora se la versassi su questo libro?». I ragazzi mi hanno guardato perplessi. Poi uno ha risposto: «Si bagnerebbe». Un po’ come si fa con i matti, insomma. Un altro: «Si cancellerebbe la stampa». E ancora: «Diventerebbe illeggibile», «Bisognerebbe buttarlo». Via via, fioccavano considerazioni più sofisticate. Avranno pensato: «Se non è davvero un idiota, da qualche parte vorrà condurci…». Io ascoltavo, annuivo. Li lasciavo gareggiare a chi mi dava la risposta più efficace. Dopodiché ho detto: «Giusto, è tutto giusto. Eppure, pensate, questo libro è pieno d’acqua. C’è l’oceano, qui dentro. E una piccola barca di legno con un vecchietto a bordo».

Le volte precedenti avevo iniziato parlando di Ernest Hemingway, nascita, violoncello, caccia, pesca, guerra, Parigi, Madrid, corrida, Cuba. Fino al Nobel e al suicidio. Anche queste notizie ormai facevano parte della “recita”. Alla quinta le ho ripetute, solo che dopo “aver riempito” il libro d’acqua, la voce mi è uscita diversa. Ho ricominciato a navigare. È bastato un giochino, fatto più a me stesso che ai ragazzi, e tutto è tornato a posto. Come se leggessi quel romanzo per la prima volta. Con un po’ di mestiere in più, certo. Ma ormai contava poco, mi veniva in maniera naturale. E i ragazzi lo hanno percepito: non ero più colui che sa dove condurli, ma semplicemente uno che si è imbarcato insieme a loro, e, per una questione di età, di forza, s’è ritrovato con i remi in mano.

Si prega di NON rimettere a posto i libri

bibliomoranteostiaRacconti dalla biblioteca Elsa Morante di Ostia. Protagonisti della storia: Nadia Terranova, Le streghe di Roald Dahl e, ovviamente, i ragazzi presenti nella biblioteca. Buona lettura.

Dalla biblioteca Elsa Morante di Ostia si vede il mare. Sbuca ceruleo e improvviso in fondo alle sale di lettura del pianterreno e del primo piano, fra le nuche degli studenti e gli schermi dei computer che popolano i tavoli più affollati, quelli vicino alla finestra.
Il mio incontro sulle Streghe di Roald Dahl si svolge invece al piano interrato, nel grande spazio per ragazzi: uno spazio colorato, arioso, ricco di un catalogo aggiornato e vario, dove alle pareti si leggono chiare indicazioni per semplificare la ricerca autonoma dei bambini, bollini di colori diversi con l’indicazione dei generi e delle fasce di età. E in più un divieto importantissimo: si prega di NON rimettere a posto i libri, ma di lasciarli sparpagliati sui tavoli dopo averli consultati! Il compito dei bambini è solo leggere e divertirsi; sistemare e risistemare è compito delle brave ed efficienti bibliotecarie. Quando ventisei alunni di quinta elementare, reduci da una visita guidata in biblioteca, mi siedono di fronte con gli occhi spalancati e due di loro dicono anche di aver già letto Le streghe, si parte. Continua a leggere

Alla rivoluzione con Huckleberry Finn!

Lo scorso 3 aprile Federica Tuzi ha parlato ai ragazzi del Bibliopoint Vallauri di Roma delle Avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain, sfidando i malauguri che lo stesso autore lanciò contro chiunque avesse voluto ragionare sulla sua opera più famosa. Sarà riuscita a vincere la malasorte? Leggiamo un po’ come è andata…

Terza liceo, Huckleberry Finn. Confesso che avevo un po’ di strizza. La maledizione di huck tuziMark Twain incombeva su di me, attuale più che mai: “Chiunque tenti di trovare uno scopo sarà perseguito, chiunque tenti di scovarvi una trama verrà fucilato”.  Allora ho avuto un’idea: mi sono fatta prestare dalla mia coinquilina un cornetto d’argento con il pennacchio rosso e l’ho tirato fuori appena arrivata al Bibliopoint Vallauri. Ma come essere certi che quell’amuleto partenopeo funzionasse anche contro le maledizioni americane? Continua a leggere

C’era una volta un gatto

Giovedì 21 marzo Vanessa Roghi ha letto La sirena di Palermo e altri racconti di Gianni Rodari in compagnia di una quarta e di una quinta elementare del Plesso Montessori dell’Istituto Comprensivo Tivoli-Pacifici. La magia che si è sprigionata durante le due ore trascorse con questi ragazzi, la stessa magia che incontriamo sempre più spesso  nelle scuole in cui siamo invitati a parlare dei libri che amiamo, la trovate raccontata (e disegnata) nel report che segue.

castlereadEntrare in una classe delle scuole elementari con l’obiettivo di avvicinare le bambine e i bambini alla meraviglia delle storie, al piacere di inventarle, alla scoperta della possibilità che abbiamo tutti di raccontarle e poi di trasformarle in un testo che può rivelarsi non necessariamente un libro, un racconto, ma un disegno, una recita da mettere in scena in classe con l’aiuto della maestra. Un film, da girare con il cellulare.
Non era la prima volta che lo facevo quando, qualche giorno fa, sono stata invitata insieme a Chiara e Carola a Villa Adriana dalla professoressa Virginia, dirigente dell’Istituto V. Pacifici. Ma era la prima volta che lo facevo da Piccola Maestra. Quindi tutto mi sembrava nuovo, e nuovo il senso di responsabilità che mi animava, che nasce dalla consapevolezza di un lavoro fatto in gruppo, e non più da sola.
Un senso di responsabilità politico, anzi militante.

Una quarta e una quinta elementare: ci siamo seduti per terra in due cerchi concentrici e mi sono presentata: ho chiesto loro se sapevano cosa fosse una sceneggiatura.
Poche mani alzate: è un film, mi hanno detto. Un film, un cartone animato, un fumetto, un telefilm, qualcuno li ha scritti, a volte pensati, addirittura, ecco quella scrittura lì si chiama sceneggiatura ed è forse quella con la quale venite più spesso in contatto, ma non lo sapete, non ve ne rendete conto, perché le parole scritte vengono parlate, ma voi dovete immaginarle, immaginare le persone che le hanno imparate a memoria, o disegnate.
Immaginate.  Continua a leggere