Fuga senza fine

Fuga senza fine di Joseph Roth è il libro che Giorgio Fontana ha deciso di proporre per i Piccoli Maestri. Ringraziandolo nuovamente per l’entusiasmo con cui ha abbracciato il progetto, leggiamo ora alcune delle ragioni che hanno ispirato la sua scelta.

fugarothUno degli aspetti che mi ha sempre attratto di Fuga senza fine è la sua paradossale attualità. Certo, si rende sempre cattivo servizio a un libro quando lo si giudica in base agli umori del tempo, alla sua capacità di intercettarli anche se sullo sfondo di un’altra epoca. Ma leggendo le avventure di Franz Tunda — questa incarnazione dello spaesamento moderno, quest’uomo che ha cambiato due volte nome, che è stato soldato dell’Impero austriaco, rivoluzionario ardente, amante geloso, direttore di un cinema, abitante del Caucaso, disoccupato a Vienna, scrittore a Berlino, girovago senza un soldo a Parigi — leggendo le avventure di Tunda ho sempre provato uno strano senso di immedesimazione. Non perché abbia vissuto una vita tanto avventurosa, ovviamente: ma perché la sua “fuga senza fine” mi ricorda, almeno in spirito, il senso di inquietudine che accompagna questi anni. Quel desiderio sfrenato di libertà. Quel sentirsi a volte senza scopo, senza un fattore unificante: migliaia di esperienze diverse, e nessuno sfondo entro cui raccoglierle. Quella percezione di sé stessi come stranieri; l’eccitazione febbrile che a volte tale condizione regala — sfidare il mondo senza compromessi, disperdersi, raccogliere tutto il proprio coraggio — e il terrore, infine, di ritrovarsi come Tunda la mattina del 27 agosto 1926: “superfluo come nessun altro al mondo”.

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