Report dalla Tribù – Chiamatemi Sandokan

Incontrare Sandokan sotto la tenda

Nella tenda degli indiani incontro gli alunni della scuola elementare Villa Sciarra di Frascati.
Siamo seduti per terra, con le gambe incrociate, tutti vicini tra noi e lontani dal mondo circostante. È la situazione giusta per prepararsi alla lettura. Leggerò, Chiamatemi Sandokan, un omaggio di Fabian Negrin ad un personaggio che ha popolato il suo immaginario infantile. Mentre preparavo la lettura mi sono chiesta se il linguaggio di Salgari potesse ancora fare presa sui bambini di oggi; quel linguaggio pieno di frasi altisonanti, con uno stile retorico e così demodé (che lo rende caro a noi adulti).

Ho pensato che sarebbe stato un buon esperimento. Inutile dire che ha funzionato. Molti bambini conoscono Sandokan attraverso i loro papà o attraverso l’indimenticabile serie televisiva, quindi Sandokan è ancora vivo e vegeto, e le sue storie riescono ancora a catturare la loro attenzione. Anzi, le parole misteriose di guerra e di marina, di fauna e di flora sono come degli scrigni segreti da aprire con cura, quasi a trovarci dentro un tesoro. Scelgo di fare una lettura un po’ solenne, alzando la voce all’arrivo degli inglesi, o della tigre o ancora enfatizzando le parole d’amore che descrivono la bella Marianna. I bambini mi seguono. È un bel gioco perché il libro di Negrin racconta il suo essere bambino incantato dai personaggi di Salgari, perciò c’è una doppia identificazione possibile: con Sandokan ma anche con il giocare a fare Sandokan.

Alla fine ognuno sceglie il suo eroe: Sandokan o Yanez o piuttosto la bella Marianna? Penso ad una frase di Emanuele Trevi nell’introduzione a Il Corsaro Nero, ripubblicato dall’Einaudi: Se si vuole catturare qualcuno al laccio di una storia, bisogna essere stati, a propria volta, catturati da altre storie. È questo il segreto, il nocciolo più intimo del talento, la cosa che non si può imparare né insegnare.
Allora non resta che catturare!

Chiara Mezzalama

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