Siamo tutti maestri poliglotti e invisibili

Maria Grazia Calandrone ci racconta la sua esperienza da Matemù con i Piccoli Maestri. Ringraziamo, come sempre, Rino Bianchi per il supporto fotografico. A breve pubblicheremo il calendario con il prossimo ciclo di incontri. Buona lettura e buon anno.

È andata che abbiamo cominciato a parlare del motivo della poesia. Il centro del mio discorso voleva essere la parola di Celan sulla Shoah, la sua splendida rosa di nessuno, dimostrazione di come fiorisca il fiore della parola anche sul più sistematico tra i massacri e oltre l’evidenza dell’assenza di Dio, perché un poeta grande come Celan, lì dove manca Dio, istituisce la disperata religione della Parola. Avevo portato con me anche l’occhio senza riparo dal Galateo in bosco di Zanzotto, che fissa il punto dove le macerie di guerra toccano la zolla verde dei suoi boschi e fanno ancora sangue – e avevo i Versi livornesi di Caproni che, grazie all’energia propulsiva delle parole, poté osare il fidanzamento mitico con la sua mamma ragazza che tacchettava nell’alba per le vie di Livorno.

Ascoltando la canzoncina apparente di Caproni, in rima alterna o baciata, abbiamo compreso come la poesia non sia lamento, come, anzi, quello stile leggero da filastrocca nascondesse le incandescenti lacrime di un orfano. È andata che abbiamo cominciato il viaggio dal Notturno di Alcmane, per sentire come l’occhio di un poeta selezioni i dettagli del paesaggio e come grazie alla precisione della sua trascrizione rimangano evidenti nei millenni i dintorni di Sparta e come dal paesaggio si innalzi la colonna perfetta del suo sguardo, che tocca abissi e latitudini. Davanti a Todesfuge, una sorta di presa diretta celaniana sulla Shoah, ho domandato ai ragazzi se qualcuno fosse in grado di farcela suonare in lingua originale. Fortunatamente sì, c’era un ottimo lettore di tedesco. Ci ha fatto una grande impressione constatare quanto l’italiano addolcisca i suoni sinistri degli ordini nazisti – e lo sberleffo – e lo strazio degli internati.


Da questo momento, chi tra noi conosceva una lingua diversa dall’italiano, ha cominciato a leggere o recitare a memoria. Abbiamo trovato bellissimo questo suono comune, questa messa in comune. Per questa improvvisata prima volta ci siamo “limitati” a tedesco, cinese e rumeno – causa indisponibilità di testi in altre lingue! – ma abbiamo fissato un appuntamento per gennaio dove ascoltare la musica del persiano, dell’inglese, del francese, del giapponese… Insomma, è andata che quello che intendevamo dimostrare è accaduto nei fatti: chiunque voglia può venire a mostrarci come la poesia dica a nome di tutti, nella sua lingua invisibile.

MGC

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